giovedì 19 gennaio 2012

Un girasole nel buio dell'Alzheimer

immagine dal web
In molti casi quello che conta è lavorare in squadra, uniti dalla volontà e dall’impegno di fare, ciascuno secondo le proprie competenze e la propria esperienza, quello che è necessario per raggiungere uno scopo comune.
E’ indispensabile fare squadra anche nel caso della cura di una grave patologia, il morbo di Alzheimer, che abbuia la mente, distrugge la memoria e le capacità cognitive  di persone anziane: in Italia si contano oggi più di 500.000 casi.
L’associazione Seneca, impegnata da anni  nell’assistenza domiciliare agli anziani più fragili ed emarginati, porta avanti anche un progetto di assistenza ai malati di Alzheimer, svolta da operatori qualificati, in aggiunta ai servizi offerti dalle Istituzioni. [...]
Ma la squadra non è fatta solo di “addetti ai lavori “, è fatta anche dai familiari del malato e, sempre più spesso da badanti, generalmente  donne e  straniere.
I familiari coinvolti nell’assistenza  sono in genere  impreparati ad un compito così difficile e logorante, oltre che  esposti, con l’avanzare della malattia, a  sentimenti  di isolamento  e rassegnazione, ciò che impedisce loro di trovare la forza necessaria per cercare supporti.
Lo ha rilevato un’interessante ricerca motivazionale sugli operatori e caregiver (le persone che assistono i malati) condotta per Seneca dalla Facoltà di psicologia del lavoro e dell’organizzazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La ricerca, condotta  da un gruppo si studentesse guidate dalla Professoressa Barbara Bertani,  ha messo in evidenza come  il “patto di alleanza” sviluppatosi tra le famiglie e gli operatori avesse dato buoni risultati, aumentando l’autostima  e, di conseguenza, l’impegno delle persone a diverso titolo coinvolte nell’assistenza.
 Alcune delle persone prese in considerazione dalla ricerca hanno definito Seneca, in quanto portatrice di appoggio esterno, “qualcosa di chiaro, come un girasole o come una forte luce” o anche come “un’ancora, un aiuto a cui appoggiarsi”. Parole incoraggianti, un incentivo a proseguire nel percorso intrapreso per “fare squadra”, per non lasciare nessuno, familiare o operatore, ad affrontare in solitudine  problemi che possono diventare devastanti. Queste considerazioni vanno estese anche alle badanti conviventi con l’anziano assistito, quasi sempre straniere e quindi lontane dalla famiglia e prive di solidi contatti con l’esterno, prive di competenze  tali da consentire  loro  una pur rudimentale conoscenza delle conseguenze della malattia con la quale devono fare ogni giorno i conti.
Se anche, nel caso dell’Alzheimer, non si può purtroppo dire che uniti si vince, dato che, allo stato attuale, la medicina non dispone di strumenti adeguati a sconfiggere questa malattia, si può dire che il duro cammino che si deve inevitabilmente percorrere per stare vicino a chi ne è colpito, è meno impervio  se lo si affronta in buona compagnia.
Anna T.

8 commenti:

Tiziano ha detto...

Al solo sentire che esistono delle persone che si impegnano ad aiutare questi malati, hai propri famigliari darà certamente un sollievo
queste persone io le chiamarli Angeli!
buona giornata a tutti voi.

Gabe ha detto...

squadra veramente generosa, un raggio di sole nel buio di questa malattia devastante,un grazie a voi tutti

Sarah ha detto...

A volte penso che sia un bene quando ad andarsene sia il cervello e non il corpo (per quanto terrificante sia questa patologia), ho a che fare tutti i giorni con un Parkinson e non riesco a capire come si possa vivere consapevolmente in un corpo che non è più il tuo. Stimo tutti quelli che dedicano la propria vita ad aiutare gli altri, è un grande gesto d'amore.

Giovanna ha detto...

post splendido meno male che esistono delle persone così

Elena ha detto...

grazie a tutte gli angeli che ne hanno cura

Sandra M. ha detto...

Totalmente in accordo mia cara Anna e lo dico per conoscenza diretta: mia mamma se l'è rubata l'Alzehimer ormai 5 anni fa...da soli non si può reggere. Profonda gratitudine per tutti coloro che, come voi, ci prendono per mano.

franciete ha detto...

Il mio caro amico è sempre un piacere vedere qui il tuo biglietto, sai io ho la mia bella la mia dolce amica brasiliana c'è nel vostro paese, perché ha sposato una donna italiana, perché quando lo vedo te che mi ricorda sempre .
Non so se per caso la conosce, ma in ogni caso è sempre un felicdade quando ho tanti amici di altri paesi, perché non hanno mai troppi amici e le stelline del cielo.
Baci un sacco di luce e di pace nella vostra vita.

Erika ha detto...

E' una malattia perfida, purtroppo, ma per fortuna che esistono delle associazioni in cui lavorano persone preparate e disponibili come voi.
Un abbraccio.